FAQ
In questa pagina troverete FAQ su diversi argomenti:
ATECO E ATTIVITA’ INDUSTRIALI CHE POSSONO RIMANERE ATTIVE
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Quali sono le attività industriali produttive che possono rimanere aperte in quanto appartenenti a filiere di produzione di beni e servizi di prima necessità?
Le attività industriali, è prevista la prosecuzione di quelle riconducibili alla produzione di beni e servizi di prima necessità, individuati nell’allegato 3 al DPCM 10 aprile 2020 che ha annullato e sostituito analogo allegato 1 del DPCM 25 marzo 2020, recante i codici ATECO di tali attività.
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Sono un soggetto che svolge un’attività industriale o commerciale che ricade tra le attività elencate negli Allegati 1 o 3 del DPCM 10 aprile, posso continuare ad operare?
Si, le attività indicate negli allegati al DPCM 10 Aprile 2020 possono proseguire, perché ritenute attività essenziali.
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Qual è il documento certo essenziale comprovante l’effettiva attività svolta in relazione ai codici Ateco, anche ai fini di un eventuale controllo?
Il documento certo ed ufficiale e la Visura Camerale che riporta i codici Ateco delle attività sia di tipo primario sia di tipo secondario in ragione del proprio oggetto sociale. Tale documento insieme al documento di autocertificazione per le persone fisiche definito dal Ministero dell’Interno può essere esibito a conferma delle esigenze lavorative.
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Qualora la mia attività non fosse ricompresa tra gli Ateco e volessi modificare in Visura Camerale è possibile farlo proseguendo comunque l’attività?
Qualora l’attività non sia rientrante nell’elenco di cui all’Allegato 3 non potrà proseguire ma il soggetto potrà richiedere alla propria Camera di Commerci di Competenza la variazione/integrazione dei codici attendendo la relativa risposta e solo all’atto della variazione approvata (con evidenza in Visura) potrà riaprire la propria attività. Qualora ci fossero difformità tra i codici in Visura e altre codifiche per esempio rispetto a pagamenti ed oneri Tributari o similari fa sempre fede il codice Ateco.
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Sono un soggetto che svolge più attività e ho più codici ATECO. Posso continuare a operare solo se tutti i miei codici attività sono indicati in Allegato 3 e se ne posseggo alcuni di tipo primario ed altri di tipo secondario non tutti in Allegato 3 posso comunque proseguire l’attività?
Non è necessario che tutti i codici ATECO siano inclusi nella Allegato I; tuttavia, l’attività che potrà proseguire sarà solo quella individuata dal codice ATECO in Allegato 3 indipendentemente che sia un codice primario o secondario.
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La mia attività prevalente non rientra tra i codici ATECO indicati nell’Allegato 3 ma, invece, c’è il codice ATECO di una delle mie attività secondarie. Considerato che posso continuare ad operare per l’attività secondaria posso, contestualmente, proseguire anche la produzione dell’attività prevalente (codice ATECO primario)?
In linea generale, l’attività prevalente (il cui codice ATECO non è riportato in Allegato 3) deve essere sospesa salvo che si possa considerare “un’attività integrata con l’attività secondaria” o sia un’attività “funzionale alla filiera di una delle attività indicate in Allegato 3”; in quest’ultimo caso sarà necessario darne comunicazione al Prefetto. Per attività integrata si può intendere quella svolta all’interno di una stessa unità produttiva e concorre, quindi, al medesimo processo produttivo.
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Se la mia attività rientra tra quelle ricomprese nell’Allegato 3 devo comunque fare una specifica comunicazione alla mia Prefettura di Competenza?
No, non è necessario in quanto l’inserimento nell’allegato significa che si tratta di attività connesse a filiere essenziali.
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Nell’Allegato 3 è indicata la divisione (due cifre) o il gruppo (tre cifre) della mia attività ma non il mio codice ATECO completo. Posso continuare a operare?
Si. Nel caso in cui l’Allegato 3 indichi una divisione (es. 01, 11, 33) o un gruppo (es.22.1, 27.1, etc.) tutte le ripartizioni subordinate che fanno riferimento a quella divisione o gruppo possono continuare a operare (gruppi, classi, categorie, sottocategorie).
ATTIVITA’ FUNZIONALI
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Sono il fornitore di un’impresa che a sua volta fornisce beni/servizi a un’impresa che svolge le attività indicate in Allegato 3 o che eroga servizi essenziali e di pubblica utilità. La mia è un’attività funzionale alla filiera? Posso continuare a operare?
Ogni impresa parte della relativa catena produttiva, anche di sub-fornitura può considerarsi funzionale e, quindi, abilitata a operare. Al fine di proseguire la propria attività, l’impresa dovrà presentare al Prefetto della Provincia ove è ubicata l’attività produttiva l’apposita comunicazione, indicando specificamente le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei propri beni o servizi attinenti alle attività consentite.
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Le imprese funzionali possono operare solo per le imprese e le amministrazioni indicate nella comunicazione al Prefetto o possono operare anche per altri clienti?
La comunicazione al Prefetto deve indicare “specificamente” le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei beni o servizi attinenti alle attività consentite (ragione sociale e ATECO), pertanto le imprese funzionali possano operare solo per i soggetti indicati nella comunicazione prefettizia, qualora subentrassero nuove necessità di dovrebbe integrare la comunicazione con i nominativi dei nuovi clienti. Nel caso in cui i clienti fossero privati si consiglia comunque di inserire dati anagrafici e di reperibilità qualora le forze dell’ordine volessero effettuare verifiche (es. per interventi di manutenzione straordinaria). Nel caso di continuità di fornitura a parità di cliente per nuovi ordini non è necessario integrare la comunicazione per ogni nuovo ordine.
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Sono il fornitore di un’impresa con impianto a ciclo continuo ovvero del settore dell’aerospazio e della difesa o esercente attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale che continua la propria attività. La mia è un’attività funzionale alla filiera? Posso continuare a operare? E i miei fornitori?
La funzionalità alla continuità delle filiere debba riferirsi a tutte le attività consentite e, quindi, estendersi a tutte le imprese che producono beni e servizi attinenti alla relativa filiera. Ai fini della prosecuzione dell’attività funzionale, è necessario inviare al Prefetto della Provincia ove è ubicata l’attività produttiva l’apposita comunicazione ai sensi rispettivamente dei diversi commi dell’articolo 2 del DPCM 10 aprile 2020 citando lo specifico Ateco del cliente richiamando l’appartenenza ad una delle casistiche di cui sopra (ciclo continuo, settore aerospazio e difesa, attività di rilevanza strategica per l’economica nazionale).
RAPPORTI CON L’ESTERO
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Sono un’impresa che svolge un’attività funzionale. Posso operare nei confronti di un cliente straniero?
Avendo l’emergenza COVID-19 una dimensione sovranazionale, come peraltro evidenziato nelle premesse del DPCM, e non essendoci nel DPCM stesso limiti territoriali alle attività funzionali, appare ragionevole ritenere che le stesse possano essere svolte nei confronti di clienti sa italiani, che stranieri. Quanto ai clienti stranieri, in linea con la ratio del DPCM è necessario che essi rientrino nei settori indicati in Allegato 3 eroghino servizi essenziali e di pubblica utilità ovvero producano, trasportino, commercializzino o consegnino farmaci, tecnologia sanitaria o dispositivi medicochirurgici o prodotti agricoli e alimentari. In ogni caso, ai fini dell’operatività anche nei confronti di clienti stranieri, l’impresa ha l’onere di indicare il beneficiario straniero nella comunicazione al Prefetto.
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Le filiere critiche ora si riferiscono al sistema Italia. Se un'attività non critica sta realizzando beni per un ente critico europeo (es. ospedali) può tenere aperto?
Per la produzione, valgono le regole nazionali: quello che si può produrre per il mercato nazionale si può produrre per l'estero. La filiera a monte (materie prime e semilavorati, servizi accessori) e a valle (commercializzazione e trasporto) si può trovare in 3 circostanze: sta nei codici Ateco permessi (ad esempio trasporto o produzione di prodotti chimici) o è produzione a ciclo continuo: può continuare liberamente; non sta nei codici Ateco ma sta producendo beni per la filiera “garantita”: può continuare limitatamente a tale ambito, previa dichiarazione al prefetto e finché non sopravvenga, eventualmente, una diversa valutazione sul punto di quest’ultimo; non sta nei codici Ateco permessi: se deve continuare a produrre, può chiedere deroga solo ai sensi del precedente n. 2. Naturalmente, se ci sono altre attività che possono essere svolte in smart working o a distanza, possono continuare.
ATTIVITA’ CONSENTITE DOPO IL 16 APRILE 2020
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Fino a quando posso completare le attività in vista della chiusura?
Per le attività già rientranti nell’Allegato I del DPCM del 22 e 25 marzo, ora nel DPCM 10 aprile 2020 la scadenza ultima è stata le ore 24 del 16 aprile 2020.
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Per le imprese che non proseguono le attività, gli uffici amministrativi possono svolgere in sede le proprie funzioni e, più in generale, le attività di backoffice non effettuabili da remoto possono essere proseguite?
Ferme restando la sospensione dell'attività di produzione, il nuovo DPCM 10 aprile 2020, ha proprio ammesso l’effettuazione di tali attività da parte dei titolari, dipendenti delegati o soggetti terzi previa specifica comunicazione alla Prefettura ai sensi dell’art.2 comma 12.
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Le imprese che hanno dovuto sospendere l'attività il 16 aprile 2020, possono spedire e/o ricevere merci dopo tale data?
Sì, anche questa fattispecie è stata ricompresa nella comunicazione di cui al comma 12 Non si specifica se tali merci debbano essere oggetti di ordinativi precedenti tale date cosi come la merce in spedizione. Va ribadito che il materiale non può però essere stato prodotto dopo la data del 22 marzo 2020 prima data di blocco delle attività non ammesse. Ovviamente, tali operazioni dovranno svolgersi con il minor numero possibile di addetti alle operazioni di spedizione o di ricevimento e nel rispetto delle prescrizioni indicate nel "Protocollo di Sicurezza condiviso di regolazione delle misure per il contrasto siglato tra le Organizzazioni di categoria e sindacali.
OBBLIGO DI COMUNICAZIONI ALLA PREFETTURA
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Chi è tenuto a fare la comunicazione al Prefetto?
Ai fini dello svolgimento dell’attività, devono fare la comunicazione al Prefetto sulla base del modello definito dalla Prefettura stessa e scaricabile dal sito dell’Associazione, senza attendere autorizzazione potendo continuare ad operare:
• le imprese che svolgono attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività indicate in Allegato 3;
• le imprese che svolgono attività funzionali ad assicurare la continuità dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
• le imprese che svolgono l’attività attraverso impianti a ciclo produttivo continuo.
Qualora la Prefettura riscontrasse anomalie o discordanze potrà richiedere integrazioni o sospendere l’attività.
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Devo attendere risposta dal Prefetto prima di riaprire la mia attività?
No tutte le casistiche di comunicazione permettono, una volta presentate di iniziare a lavorare, stante la possibilità da pare della Prefettura o organi di controllo da essa deputati e delegati di fare controlli a campione sulla veridicità dei dati e sul rispetto del Protocollo di Sicurezza firmato tra le Parti Sociali lo scorso 14 marzo 2020.
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A quale Prefettura deve essere inviata la comunicazione?
I documenti vanno inviati alla Prefettura della Provincia dove sono ubicate le attività produttive utilizzando l’apposito modello definito dalla Prefettura stessa.
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Sono un’impresa la cui attività non è compresa tra quelle indicate dell’Allegato 3 al DPCM disponibile a convertire la produzione per fabbricare mascherine chirurgiche e dispositivi di produzione individuale (DPI). Posso svolgere questa attività?
La produzione di mascherine di qualunque tipologia è finalizzata alla gestione dell'emergenza COVID-19, pertanto la stessa possa considerarsi “funzionale a fronteggiare l’emergenza” e, quindi, consentita ai sensi dell’art. 2, c. 5, del DPCM 10 aprile 2020 senza necessità di presentazione di comunicazione al Prefetto.
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La mia attività prevalente non rientra tra i codici ATECO indicati ma, invece, vi rientra il codice ATECO di una delle mie attività secondarie, per la quale, pertanto, posso continuare ad operare. Devo preventivamente darne comunicazione al Prefetto?
No, la comunicazione al Prefetto non è necessaria in quanto l’attività ricade tra quelle essenziali riportate nell’allegato. Tale comunicazione è invece richiesta per continuare a svolgere una attività non ricompresa fra i codici Ateco indicati nell’allegato, ove se ne assuma la necessità per la continuità di una delle filiere prioritariamente e assolutamente garantite, ed è appunto sulla verifica di tale necessità che dovrà appuntarsi il controllo prefettizio.
ATTIVITÀ COMMERCIALI ESSENZIALI
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Dove sono definite le tipologie di attività commerciali limitate o ammesse perché definite strategiche ed essenziali?
Tutte le disposizioni e deroghe per le attività commerciali sono definite nel DPCM 10 aprile 2020 e ordinanza del Ministro della Salute del 20 marzo 2020. L’Allegato 1 in particolare definisce le tipologie di attività commerciali (commercio al dettaglio) e di servizi alla persona come definite all’Allegato 2 ammesse per macro-famiglie senza definire specifici codici ATECO.
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Sono il fornitore di un’attività commerciale già operativa ai sensi del DPCM 11 marzo 2020. La mia è un’attività funzionale? Posso continuare a operare? E i miei fornitori?
Considerata la necessità di consentire la continuità delle attività commerciali, il concetto di funzionalità si riferisce anche alla continuità di tali attività e, quindi può estendersi alle imprese che producono beni e servizi attinenti alla relativa filiera. In ogni caso, ai fini della prosecuzione dell’attività funzionale, è necessario inviare al Prefetto della Provincia ove è ubicata l’attività produttiva l’apposita comunicazione se l’azienda non rientra nell’allegato 1 o 2 del DPCM 10 aprile 2020.
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L’attività della mia impresa è esclusa da quelle elencate negli Allegato 1 e 2. Tuttavia, vendiamo i nostri prodotti tramite e-commerce. Ci sono limitazioni per tali vendite sia in territorio nazionale che all’estero? Il mio personale preposto alla gestione del magazzino e alle spedizioni può accedere ai locali dell’impresa?
Le disposizioni del DPCM 10 aprile 2020 che, tra l’altro, consente il commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet. Pertanto, ferma restando la sospensione dell'attività di produzione, non sussistono limiti alle attività di e-commerce al dettaglio già attive. Conseguentemente:
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le attività amministrative (es. gestione degli ordini, assistenza alla clientela), ove possibile, devono essere organizzate in modalità a distanza o lavoro agile;
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le attività di confezionamento, gestione magazzino e spedizione, che non possono svolgersi da remoto:
i) se svolte da personale interno, dovrebbero considerarsi comunque consentite;
ii) se svolte in outsourcing, sono consentite ai sensi dell’Allegato I al DPCM 10 aprile 2020.
UTILIZZO DI DPI E MASCHERINE, SANIFICAZIONE
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E’ sempre obbligatorio l’utilizzo di mascherine per permettere ai lavoratori di poter operare all’interno delle imprese?
No, non è sempre obbligatorio ma dipende dalle tipologie di attività e lavorazioni. Come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Ministero della Salute ed Istituto Superiore Il rispetto della distanza di un metro è la prima misura di precauzione; solamente laddove non sia possibile, è consigliato l’uso delle mascherine chirurgiche da parte dei lavoratori interessati. Tale situazione va comunque verificata caso per caso in particolare per gli operatori sanitari ed i lavoratori con rischi particolari con l’obbligo di uso dei DPI. Va segnalato però che il Protocollo di Sicurezza sottoscritto dalle Parti Sociali suggerisce l’uso delle mascherine come misura di protezione individuale minima.
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Le mascherine non marcate CE (es. di tessuto lavabili o riutilizzabili), non considerati dispositivi medici o di protezione individuale possono essere comunque utilizzate dai lavoratori?
Le mascherine non marcate CE sono prodotte in deroga ai sensi dell’art. 16 c.2 del Decreto Legge 18/2020 “Cura Italia” sotto la responsabilità del produttore che deve comunque garantire la sicurezza del prodotto (a titolo meramente esemplificativo: che i materiali utilizzati non sono noti per causare irritazione o qualsiasi altro effetto nocivo per la salute, non sono altamente infiammabili, ecc.). Per queste mascherine non è prevista alcuna valutazione dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’INAIL. Le mascherine in questione non possono essere utilizzate in ambiente ospedaliero o assistenziale in quanto non hanno i requisiti tecnici dei dispositivi medici e dei dispositivi di protezione individuale pertanto utilizzabili solo per i lavoratori che non hanno un obbligo di indossare DPI per il rischio associato alla propria mansione lavorativa.
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Che differenza c’è tra la pulizia e la sanificazione e quali sono le frequenze obbligatorie per le due attività?
Ai sensi del Protocollo sulla sicurezza per il contenimento del contagio sottoscritto dalle Parti Sociale lo scorso 14 marzo 2020 la pulizia deve avvenire giornalmente mentre la sanificazione periodicamente. La frequenza del termine periodico dipende da caso a caso è diviene urgente ed indispensabili in particolare nei casi di registrazione di un caso di positività. La distinzione tra semplice pulizia e sanificazione e disinfezione è legata soprattutto, nel caso di sanificazione, al prodotto utilizzato con potere biocida o comunque disinfettante che non necessariamente hanno tutti i prodotti detergenti per la pulizia.
Si definisce quindi sanificazione l’insieme di quei procedimenti ed operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o disinfezione e/o di disinfestazione. Non esiste un obbligo esplicito in merito alla qualificazione del personale che può eseguire un’operazione piuttosto che l’altro.
FISCO E TRIBUTI
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EMISSIONE DELLA FATTURA IN PRESENZA DI ATTIVITÀ PER LE QUALI È STATA DISPOSTA LA CHIUSURA
Tra gli adempimenti tributari sospesi rientra anche quello dell’emissione delle fatture?
La fattura immediata è emessa entro dodici giorni dall'effettuazione dell'operazione determinata ai sensi dell'articolo 6 del DPR 633/1972. Per le cessioni di beni la cui consegna risulti dai d.d.t. (documenti di trasporto), può essere emessa una fattura differita entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione per tutte le consegne effettuate nello stesso mese solare nei confronti dello stesso soggetto. La fattura è destinata alla controparte contrattuale ed è funzionale all’esercizio di alcuni diritti fiscalmente riconosciuti (si pensi alla detrazione dell’IVA o alla deducibilità dei costi da parte del cessionario/committente); l’emissione delle fatture non è un adempimento annoverabile tra quelli attualmente sospesi.
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DOCUMENTO DI TRASPORTO
È possibile ritenere che, in presenza di fattura elettronica, non vi sia obbligo di emettere documenti di trasporto?
I d.d.t. sono i documenti principali su cui poggia l’emissione delle fatture cosiddette “differite”, ossia emesse entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni in esse dettagliate ai sensi dell’articolo 21, comma 4, lettera a), del D.P.R. n. 633. Tuttavia, i d.d.t. non devono necessariamente viaggiare insieme ai beni in essi individuati, potendo, secondo le esigenze aziendali, “essere spediti nel giorno in cui è iniziato il trasporto dei beni oltre che tramite servizio postale, anche a mezzo corriere oppure tramite gli strumenti elettronici già richiamati nel paragrafo 2.1 della predetta circolare n. 225/E [ossia «tramite sistemi informativi … che consentono la materializzazione di dati identici presso l’emittente e il destinatario” come indicato nella circolare 249/1996.
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OBBLIGHI INTRODOTTI IN MATERIA DI RITENUTE E COMPENSAZIONI IN APPALTI E SUBAPPALTI DALL’ARTICOLO 4 DEL DECRETO-LEGGE N. 124 DEL 2019
Come agisce la sospensione con riferimento agli adempimenti di cui all’articolo 17-bis del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, introdotto dall’articolo 4, decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124?
Gli articoli 61 e 62 del Decreto prevedono la sospensione dei versamenti delle ritenute alla fonte di cui agli articoli 23 e 24 del DPR 600/1973, rispettivamente per le seguenti categorie di contribuenti:
- per i soggetti elencati all’articolo 61, commi 2 e 3 del Decreto e all’articolo 8, comma 1, del D.L. 9/2020;
- per soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge (articolo 62, comma 2 del Decreto);
- per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nei comuni individuati nell'allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020 (articolo 62, comma 4 del Decreto).
Solo per le predette categorie di soggetti risultano sospesi gli obblighi di versamento e conseguentemente sono sospesi i controlli previsti a carico del committente in materia di ritenute e compensazioni in appalti e subappalti dall’articolo 17-bis del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, introdotto dall’articolo 4 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124. Ciò in quanto i predetti controlli da parte del committente sono strettamente connessi ai versamenti delle ritenute da parte dell’appaltatore, sospesi in virtù di quanto sopra rappresentato.
In tale evenienza, nel caso in cui, alla data stabilita dal comma 2 dell’articolo 17-bis, sia maturato il diritto a ricevere i corrispettivi dall'impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice, il committente non ne deve sospendere il pagamento.
I controlli a carico del committente e, quindi, l’obbligo di sospendere il pagamento dei corrispettivi, come previsto dal comma 3 del medesimo articolo 17-bis in caso di inadempimento o non corretto adempimento dell’impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice, riprenderanno, pertanto, dal momento del versamento o dall’omesso versamento delle ritenute alle scadenze previste dai predetti articoli 61 e 62 del Decreto
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REGISTRO
Tra gli adempimenti sospesi può rientrare l’assolvimento dell’obbligo di registrazione in termine fisso, previsto dall’articolo 5 del DPR 131/1986 (registrazione degli atti Privati in Termine fisso, Atti Pubblici e Scritture private autenticate, sia in modalità cartacea, sia telematica)?
Si ritiene che tra gli adempimenti tributari sospesi possa rientrare anche l’assolvimento dell’obbligo di registrazione in termine fisso, previsto dall’articolo 5 del DPR 131/1986 (Testo Unico dell’imposta di registro o TUR). Si ricorda che, in base all’articolo 10 del Testo Unico dell’imposta di registro (TUR) sono obbligati, poi, a richiedere la registrazione:
a. le parti contraenti per le scritture private non autenticate, per i contratti verbali e per gli atti pubblici e privati formati all'estero nonché i rappresentanti delle società o enti esteri, ovvero uno dei soggetti che rispondono delle obbligazioni della società o ente, per le operazioni di cui all'articolo 4 del TUR;
b. i notai, gli ufficiali giudiziari, i segretari o i delegati della PA e gli altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati. Pertanto, al fine di evitare disparità di trattamento, la predetta sospensione rileva a prescindere dalla circostanza che la registrazione degli atti pubblici, delle scritture private autenticate e di quelle prive dell’autentica avvenga in forma cartacea o secondo modalità telematiche
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ESERCIZIO DI PIÙ ATTIVITÀ NELL’AMBITO DELLA STESSA IMPRESA
L’articolo 8, comma 1, del D.L. 9/2020, ha disposto la sospensione, dal 17 marzo al 30 aprile 2020, dei termini relativi ai versamenti delle ritenute alla fonte di cui agli articoli 23 e 24 del D.P.R. 600/1973, nonché di quelli relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria per le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato. Detta sospensione è stata estesa dall’articolo 61 del Decreto, ad ulteriori categorie di soggetti che svolgono le attività elencate alle lettere da a) a r) del comma 2 del medesimo articolo. A tal riguardo, come opera la sospensione qualora un soggetto eserciti più attività nell'ambito della stessa impresa e solo una o una parte di dette attività rientri nei settori elencati dal citato articolo 61?
Come chiarito dalla relazione illustrativa al D.L. 18/2020, l’articolo 61 ha, quale finalità, quella di “sostenere ulteriormente i settori maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica in atto”. Tenuto conto, quindi, di detto fine agevolativo, per poter beneficiare della sospensione disposta dall’articolo in esame, è necessario che le attività rientranti tra quelle oggetto di sospensione siano svolte in maniera prevalente rispetto alle altre esercitate dalla stessa impresa (intendendosi per tali quelle da cui deriva, nell’ultimo periodo d’imposta per il quale è stata presentata la dichiarazione, la maggiore entità dei ricavi o compensi).
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CREDITO D’IMPOSTA PER NEGOZI E BOTTEGHE - PAGAMENTO DEL CANONE PATTUITO
L’articolo 65 del Decreto prevede testualmente che il credito è riconosciuto “nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone di locazione di marzo 2020”. Quindi, letteralmente, sembrerebbe spettare in relazione al canone pattuito senza necessità di verifica dell'eventuale pagamento del medesimo; peraltro, la relazione tecnica ha effettuato la stima sulla base dei contratti registrati che riportano il canone pattuito. Si chiede, in proposito, di chiarire se il credito d’imposta in esame previsto dall’articolo 65 del Decreto matura in relazione al canone di affitto pattuito indipendentemente dal pagamento del medesimo?
L’agevolazione in esame ha la finalità di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica nei confronti dei soggetti esercitanti attività d’impresa nell’ambito della quale risulta condotto in locazione un immobile in categoria catastale C/1. Ancorché la disposizione si riferisca, genericamente, al 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, la stessa ha la finalità di ristorare il soggetto dal costo sostenuto costituito dal predetto canone, sicché in coerenza con tale finalità il predetto credito maturerà a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo.
ASPETTI LEGALI
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Una volta effettuata la Comunicazione di cui all’art. 1, lettera d) D.P.C.M. 22 marzo 2020 devo attendere la risposta del Prefetto per proseguire l’attività?
No. Come specificato dalla Circolare 23 marzo 2020 “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” il meccanismo delineato dal decreto in argomento non introduce una forma di preventiva autorizzazione da parte di codeste Autorità ma, in un’ottica di snellimento e semplificazione delle procedure, legittima la prosecuzione delle attività di cui trattasi sino all’adozione di una eventuale sospensione.
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Nel caso in cui la Prefettura dovesse ritenere non legittima la prosecuzione dell’attività effettuata con la Comunicazione di cui all’art.1, lettera d) D.P.C.M. 22 marzo 2020, cosa può succedere?
In primo luogo alla Prefettura è riconosciuto il potere di sospendere l’attività che si sta proseguendo. Inoltre ai sensi dell’art. 15 del D.L. 14/2020 il Prefetto potrà procedere con la comminazione di una sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima sulla base della Legge 689/81.